lunedì 23 aprile 2018

Il terzo uomo - Carol Reed, 1949




The Third Man – GB USA – 1949

Vienna, nell'immediato secondo dopoguerra, come molte altre città europee devastate dal conflitto, è una città fredda, losca, caotica. L’americano Holly Martins, scrittore di romanzetti pulp, arriva in città chiamato dall’amico di un tempo, Harry Lime. Appresa la notizia della sua morte in un incidente alquanto misterioso, rimane in città per indagare, contro il parere dell’autorità di polizia, nella persona del Maggiore Calloway, che lo informa anche dell’attività criminale del suo amico. Martins non vuole crederci e insieme all’amante di Harry, Anna Schmidt (da cui è fortemente attratto) viene a sapere che i testimoni dell’incidente non sono due, come ritenuto dalla polizia, ma tre. Alla ricerca di questo terzo uomo, si innamora definitivamente di Anna e scopre finalmente l’inganno di Harry Lime, che ha inscenato la sua morte per sfuggire alla giustizia. Non finirà bene per nessuno.
“Il terzo uomo”, diretto da Carol Reed, vinse il Grand Prix al Festival di Cannes del 1949 e, successivamente (1951), il premio Oscar per la migliore fotografia (Robert Krasker).
Considerato una pietra miliare del film noir, forse un po’ sopravvalutato all’inizio, merita di essere ricordato per la particolare e famosissima colonna sonora, composta ed eseguita alla cetra da Anton Karas e, naturalmente, per l’interpretazione iconica di Orson Welles, nella parte di Harry Lime. Pochi minuti che contribuirono in maniera significativa al rilancio della carriera di questo genio assoluto. Ricordiamo anche Joseph Cotten, nella parte di Holly Martins, Trevor Howard, in quella del Maggiore Calloway e gli splendidi occhi di Alida Valli che interpreta Anna Schmidt.
Per parte mia, ho iniziato ad amare il cinema noir proprio con questo film, che vedevo in televisione appena adolescente.
P.S. La famosa frase pronunciata da Harry Lime: “In Italia sotto i Borgia ci furono trent’anni di guerre, stragi, ecc…” non era in sceneggiatura, ma fu aggiunta da Welles per accentuare il fascino perverso e cinico del personaggio. Tra l’altro sembra si tratti di una vecchia diceria, scorretta non solo politicamente ma anche storicamente: gli orologi a cucù sono originari della Germania.

Pubblicato su "Film del Giorno" del 2 Febbraio 2018

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